Le Sezioni Unite dicono di sì ai danni punitivi “all’italiana”…

Le Sezioni Unite dicono di sì ai danni punitivi “all’italiana”…
11 Luglio 2017: Le Sezioni Unite dicono di sì ai danni punitivi “all’italiana”… 11 Luglio 2017

Le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16601/2017, hanno accolto nel nostro ordinamento quell’“istituto che bussa[va] alla porta” oramai da un po’ di tempo: i danni punitivi o, volendo ricorrere ad una dizione rispettosa della loro provenienza, i punitive damages.

La Corte ha evidenziato sin da subito la “particolare importanza” della “questione”, oggetto di “esteso dibattito dottrinale”, oltre che di “intervento giurisprudenziale”.

Quest’ultimo persisteva nell’affermare l’“estraneità al risarcimento del danno dell’idea di punizione e di sanzione”, “l’indifferenza della condotta del danneggiante” e, in definitiva, il “carattere monofunzionale della responsabilità civile, avente la sola funzione di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto leso”.

Le Sezioni Unite hanno ritenuto come questa impostazione dovesse, tuttavia, ritenersi “superata” da quanto esse stesse avevano “da qualche anno … messo in luce”, ossia il fatto che “la funzione sanzionatoria del risarcimento del danno non è più incompatibile con i principi generali del nostro ordinamento, come una volta si riteneva, giacché negli ultimi decenni sono state qua e là introdotte disposizioni volte a dare un connotato lato sensu sanzionatorio al risarcimento”, connotato che “non è ammissibile al di fuori dei casi nei quali una qualche norma di legge chiaramente lo preveda”.

Tanto premesso, la Cassazione si è premurata di individuare un elenco, meramente esemplificativo, delle disposizioni in vigore che, di fatto, prevedono già delle “sanzioni”: tra queste, l’art. 140, comma 7 del codice del consumo, l’art. 709 ter, nn. 2 e 3 c.p.c., l’art. 614 bis c.p.c., l’art. 18, comma 14 dello statuto dei lavoratori, l’art. 96, comma 3 c.p.c. [disposizione, quest’ultima, la cui natura “non risarcitoria (o, comunque, non esclusivamente tale) e, più propriamente, sanzionatoria, con finalità deflattive” aveva, peraltro, superato il vaglio di legittimità con la sentenza Corte cost. n. 303/2011].

Da tale “panorama normativo” le Sezioni Unite hanno desunto che, “accanto alla preponderante e primaria funzione compensativo riparatoria dell’istituto” del risarcimento del danno, “è emersa una natura polifunzionale … che si proietta verso più aree, tra cui sicuramente principali sono quella preventiva (o deterrente o dissuasiva) e quella sanzionatorio-punitiva”.

La Corte ha, quindi, proseguito il ragionamento, sostenendo come la “questione della compatibilità con l’ordine pubblico di sentenze di condanna per punitive damages” non potesse continuare ad essere risolta negativamente.

La contraria soluzione positiva riposava, infatti, sulla “profonda evoluzione” subita dalla nozione di “ordine pubblico”, “divenuto il distillato del sistema di tutele approntate a livello sovraordinato rispetto a quello della legislazione ordinaria”, avente una nuova “funzione … promozionale dei valori tutelati, che mira ad armonizzare il rispetto di questi valori, essenziali per la vita e la crescita dell’Unione” europea.

Precisata la nozione di ordine pubblico, le Sezioni Unite hanno ritenuto “in via generale non incompatibile” con quest’ultimo l’istituto dei danni punitivi, oltre che le sentenze che condannino a risarcirli, a condizione che sia rispettato il principio di legalità, in base al quale “nell’ordinamento straniero … deve esservi un ancoraggio normativo per una ipotesi di condanna a risarcimenti punitivi … Deve esservi insomma una legge, o simile fonte, che abbia regolato la materia secondo principi e soluzioni di quel paese, con effetti che risultino non contrastanti con l’ordinamento italiano.

Ne discende che dovrà esservi precisa perimetrazione della fattispecie (tipicità) e puntualizzazione dei limiti quantitativi delle condanne irrogabili (prevedibilità)”, nel rispetto della “proporzionalità del risarcimento”, quale “uno dei cardini della materia della responsabilità civile”.

Alla luce delle succitate argomentazioni le Sezioni Unite hanno, pertanto, enunciato il principio di diritto in base al quale “Nel vigente ordinamento, alla responsabilità civile non è assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, poiché sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile.

Non è quindi ontologicamente incompatibile con l'ordinamento italiano l'istituto di origine statunitense dei risarcimenti punitivi. Il riconoscimento di una sentenza straniera che contenga una pronuncia di tal genere deve però corrispondere alla condizione che essa sia stata resa nell'ordinamento straniero su basi normative che garantiscano la tipicità delle ipotesi di condanna, la prevedibilità della stessa ed i limiti quantitativi, dovendosi avere riguardo, in sede di delibazione, unicamente agli effetti dell'atto straniero e alla loro compatibilità con l'ordine pubblico”.

L’istituto dei danni punitivi “bussava alla porta” del nostro ordinamento da oramai un po’ di tempo e le Sezioni Unite 16601/2017 l’hanno certamente “schiusa”.

Occorre, però, ora attendere la reazione della futura giurisprudenza, per verificare se questa “sfonderà” la porta, riservando al nuovo istituto una sicura accoglienza, o se, invece, la terrà timidamente “socchiusa”.

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